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venerdì 13 ottobre 2017

The Point-God

Chris se n’è andato e non ritorna più... 

Ma riavvolgiamo il nastro: quando, nell’estate del 2011, Christopher Emmanuel Paul è arrivato a Los Angeles, la squadra meno blasonata della città californiana nelle sue prime 27 stagioni NBA aveva vinto il 34.9% delle partite, disputato 4 volte i Playoff e superato solo una volta il primo turno della post-season.

Nelle successive sei stagioni, con CP3 ai controlli delle operazioni cestistiche, i Clippers hanno vinto il 65.6% delle partite di Regular Season, raggiunto i Playoff tutti gli anni e disputato 3 Semifinali di Conference, sfiorando la finale nel 2015, sfumata con la sconfitta in Gara 7 contro gli Houston Rockets.

 

* “Se non puoi batterli, unisciti a loro”, cit. Kevin Durant. Da un account fake. *
 

E ancora: prima che Chris Paul diventasse un giocatore della squadra tifata – tra gli altri – da Federico Buffa, soltanto tre giocatori nella storia della franchigia avevano raggiunto quota 2.000 assist. Il magico trio era composto da: Randy Smith, 3.498 assist in 715 partite (4.9 apg); Gary Grant, 2.810 in 446 partite (6.3 apg); Norm Nixon 2.540 in 283 partite (9 apg, * commento tecnico: “Azz” *). Nelle seguenti sei stagioni Chris Paul ha voluto esagerare, realizzando 4.023 assist in 409 partite, sfiorando la doppia cifra di media, con 9.8 assist a partita. Così, per non lasciare ai posteri l’ardua sentenza su chi fosse stato il migliore di sempre a servire i compagni nella storia dei Clips. 



 
Del resto, stiamo parlando de la creme de la creme de la creme: uno che dal 2005 ad oggi è sempre (SEMPRE!) stato nella top10 della classifica degli Assist a partita: sette volte sul podio, quattro volte primo; con sei presenze impreziosite dalla doppia cifra di media e due casi in cui, addirittura, è stata superata quota 11 apg (con un carreerone high da 11.6 nella stagione 2007-08).

Non bisogna stupirsi: Chris Paul è il boss del Servizio Assistenza della lega dal suo giorno 0 nella National Basket Association. Nessuno, infatti, ha realizzato più assist di lui da quando nel 2005 ha iniziato a calcare i parquet più ambiti del globo. Ai 4.023 assist realizzati con addosso la canotta dei Clippers, infatti, vanno aggiunti i 4.228 messi a segno nelle precedenti sei stagioni a New Orleans, per un totale di 8.251 assist, ovvero 1.432 in più di Deron Williams, secondo a quota 6.819; 1.832 in più di LeBron James, terzo a 6.419; 2.096 in più di Steve Nash, quarto a 6.155 etc etc etc.

 8.251 assist in 834 partite significa una media di 9.89 assist a partita in carriera, e una tal media fa di CP3, oltre che il migliore – nemmeno a dirlo – tra i giocatori in attività, il terzo assist-man per media in carriera, dietro a due signori che, se poco poco vi interessate di passaggi decisivi, qualche volta avrete sentito nominare: Earl “Magic” Johnson, poeta da 11,19 versi a partita e John Stockton, ragioniere da 10.51 cogitazioni. 



 

E adesso Chris Paul è un giocatore dei Rockets, cioè di una macchina da 115.3 e 107.7 punti di media, rispettivamente, nella RS e nei PO scorsi. Una macchina che adesso avrà un carburante potentissimo a dare ancor più energia al proprio motore. Viene addirittura da pensare, nuotando nell’aria di un “What If?”, che se anche Carmelo Anthony si fosse unito ai Rockets, un distributore extralusso di palloni (e occasioni) come CP3 avrebbe potuto saziare la fame dell’incappucciato, senza lasciare a digiuno James Harden. Un tris di superstar che avrebbe potuto davvero far sognare gli appassionati del gioco più bello del mondo e ambire ad adornare le proprie sapienti mani con un bell’anellone.

Ma Melo ha scelto il fuoco sacro della combo-guard più forte e peggio vestita che ci sia mai stata, preferendola a “The Point-God” e, ahinoi, ce ne dovremo fare una ragione. Lo faremo, ammirando uno dei migliori playmaker di sempre nella sua edizione texana.

Ah, per quanto contino poco, nelle tre partite di PreSeason i Rockets hanno segnato 121.7 punti di media. Il record della stagione scorsa di quando Houston ha segnato almeno 110 punti è 43-5. Occhio.

#DAM

mercoledì 27 settembre 2017

JURGEN FLOP?


Anche ieri il Liverpool ha pareggiato. O meglio: nemmeno ieri il Liverpool ha vinto. Nel mese di settembre il bilancio dei Reds recita: 3 pareggi, 2 sconfitte e una sola vittoria.


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Un rendimento che ha fatto storcere il naso a parecchi tifosi del Liverpool, i quali cominciano a interrogarsi sull'efficacia della "cura Klopp". Anche perché la squadra balla parecchio: 19 goal subiti in 11 gare stagionali...


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Arrivato due anni fa come un Messia tanto atteso (e da 7 milioni all'anno), in realtà il buon Jurgen fino ad ora non ha fatto meglio del suo predecessore Brendan Rodgers, cacciato in malo modo neanche fosse uno Zaccheroni qualsiasi.

Come mostrano i grafici sottostanti, infatti, soltanto nelle competizioni internazionali il tedesco ha avuto risultati (lievemente) migliori. Ma dentro quei numeri rientra la delusione per la finale di Europa League persa nel 2016 contro il Siviglia e un campione di gare di Champions ridotto solo ai preliminari di quest'anno e alle prime due partite del girone (pareggiate entrambe). Per sapere quali sono i dati specifici, competizione per competizione, navigate dentro i grafici che l'interattività è bella.

Insomma, fino ad ora non è esagerato parlare di Jurgen Flop più che di Jurgen Klopp. Ma siamo a settembre e la stagione è ancora lunga. Vediamo se da qui a maggio le barrette verdi cresceranno o se, invece, crescerà l'incazzatura dei tifosi del Liverpool e Jurgen sarà costretto ad andare a digrignare i suoi denti altrove.

Gli auguriamo che ciò non accada e che lui possa rimanere nella città dei Beatles a esibirsi nei suoi bellissimi balletti, come questo:



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#DAM

lunedì 18 settembre 2017

Cash Rules Everything Around Me

L'attuale rosa del Manchester City è la più costosa che sia mai assemblata da una società calcistica: il totale speso per l'acquisto di tutti i giocatori che la compongono ammonta, infatti, a ben 853 milioni di euro. Solo nell'ultimo mercato estivo sono usciti dalle casse dei Citizens circa 250 milioncini, di cui quasi 180 spesi per un portiere e tre terzini (Ederson, Mendy, Walker e Danilo), a cui vanno aggiunti i 50 versati al Monaco per prelevare Bernardo Silva, i 12 pagati per Douglas Luiz del Vasco da Gama (?) e i 3.8 spesi per il famosissimo Olarenwaju Kayode dell'Austria Vienna...

Nella gif Peperino Guardiola conta i soldi che ha a sua disposizione
Tuttavia, gli esborsi del club meno blasonato di Manchester rappresentano solo la ciliegina su quella torta extra lusso che è diventata ormai la Premier League. Considerando, infatti, tutti i soldi spesi per tutti i giocatori delle 20 squadre il valore complessivo dei club inglesi è di 5.7 miliardi di euro. Sì, 5.7 miliardi di euro... Ovvero, più del doppio della Serie A, ferma a quota 2.4, e della Liga (2.2) e addirittura esattamente il triplo di Bundes e Ligue 1, pari a 1.9.

"Moneeeey, it's a gas..." cit.

Queste cifre supermegaltissime non possono stupire se si tiene in considerazione che dal 2010 ad oggi i club della Premier hanno sempre speso più soldi di tutti, doppiando in molti casi le cifre delle altre leghe e collezionando bilanci negativi. L'ultima finestra di mercato non ha fatto eccezione. Infatti, nel corso dell'estate dei record, la Liga spagnola è stata l'unica lega a chiudere con il bilancio in attivo: +9 milioni (684 milioni spesi, 693 incassati), mentre le altre leghe hanno collezionato solo segni "meno" e la Premier, ancora una volta, spicca con un passivo davvero sostanzioso:
Ligue 1 -55 milioni (916 spesi, 861 incassati),
BundesLiga -81 (671 spesi, 590 incassati),
Serie A -139* (1.109 spesi, 970 incassati),
Premier -835 (1.771 spesi, 936 incassati).


Questo perché Pep Guardiola non è stato di certo l'unico allenatore di una squadra "della terra d'Albione" ad essersi dato alla pazza gioia durante il mercato: in totale i club della Premier hanno sganciato 1.55 miliardi di euro (+220 milioni condizionati dai bonus), cioè circa il 30% dei 5.1 miliardi (+ 0.8 condizionati) spesi complessivamente dai club dei 5 principali campionati europei. Non a caso, come mostra il grafico a sinistra, apparso sul report mensile del CIES FootballObservatory, sette dei dieci club che hanno chiuso il mercato con il passivo peggiore sono inglesi (mentre ce ne sono solo due nella top 10 dei virtuosi).



*sulla Serie A grava il -189 del Milan, escluso il quale la Serie A (rappresentata da Fiorentina, Sampdoria e Lazio tra i 10 club  virtuosi) avrebbe un attivo di 50 mlioni.

Che spendaccioney questi inglesi. Sempre l'ultimo report mensile dell'Osservatorio del Calcio contiene un altro grafico molto interessante: la figura che traccia i flussi di denaro tra i vari campionati europei. Il grafico mostra una Premier-polipo acchiappatutti con dei tentacoloni viola pronti ad avvolgere i giocatori di mezz'Europa. La differenza abissale, descritta sopra in cifre, qui si traduce molto bene nella robustezza dei filamenti che collegano i vari campionati, nettamente più snelli nelle altre colorazioni. Solo la blu Ligue 1, infatti, ha una frecciona simil-Premier: quella che va in direzione Liga e che vale  256 milioni. Una cifra grossa, la seconda in termini di corposità, ma 220 dei 256 milioni sono stati pagati dal Paris Saint-Germain al Barcellona per la clausola rescissoria di Neymar. Praticamente un collegamento corposo, sì, ma che riguarda quasi un affare solo.

Come cantava il Wu-Tang Clan, "Cash rules everything around me". Poi, però, la squadra che vince è sempre una sola e negli ultimi nove anni solo una volta la squadra che ha conquistato Champions League è stata un'inglese. Per i bookmakers la favorita per l'edizione è 2017-18 è il Real Madrid, che ha speso per allestire la sua rosa "solo" 497 milioni di euro, nettamente meno degli 853 del City, degli 850 del PSG, dei 784 del Manchester United, dei 644 del Chelsea 644, e dei 628 del Barcellona. Insomma, al ballo in tanti si presentono con un abito costoso, ma molti andranno in bianco. Perché "i soldi governano tutto intorno a me" ma non in campo, dove certi valori contano fino al fischio d'inizio.

#DAM


domenica 9 luglio 2017

Lukaku è un Red Devil


Il primo grande colpo del Calciomercato 2017 l'ha messo a segno il Manchester United: Romelu Lukaku passa ai "Red Devils" per ben 85 milioni di euri. Tanti? Vediamo...

Il panterone belga, classe 1993, nell'ultima Premier ha disputato 37 partite con l'Everton, realizzando 25 goal (e 6 assist). Nel dettaglio: 12 di sinistro, 7 di destro e 6 di testa e quasi tutti da dentro l'area di rigore, il suo humus naturale, come mostra il grafico sottostante.

Credits: Squawka

Tra l'altro, 9 dei suoi 25 goal messi a segno nell'ultima Premier li ha realizzati negli ultimi 10 minuti di gioco, quindi goal pesanti per i blu di Liv'pool con cui è arrivato a quota 87 in 166 partite. Ovvero, 0.52 a partita nell'arco di quattro stagioni rispettivamente da 16, 20, 26 e 25 reti. Un bomber vero.

Diciamo che per l'Everton il belga è stato una manna dal cielo, considerando che nello
scorso campionato Lukaku ha siglato il 40% dei goal segnati dalla sua - ormai ex - squadra (25 su 62) e per farlo ha convertito in rete il 45% dei 55 tiri con cui ha centrato la porta avversaria (il 55% dei 110 totali provati).

Dati mostruosi. 


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Del resto, il nuovo attaccante dello United è uno dei quattro giocatori ad aver segnato più di 80 goal in Premier League ancor prima di compiere il 24esimo anno di età (gli altri tre sono Owen, Fowler e Rooney). Un bomber vero e precoce. Da 85 milioncini, insomma.

E se ai goal segnati coi club si sommano quelli realizzati con la nazionale prima di aver spento le 24 candeline i paragoni illustri diventano ancora più eccezionali: 


Romelu Lukaku: 165
Luis Suarez: 164

Cristiano Ronaldo: 145
Alan Shearer: 141
Thierry Henry: 125
Zlatan Ibrahimovic: 110


YOU SERIOUS?



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In fondo, un bomber di razza è tutto ciò di cui lo United ha bisogno: un tema ricorrente della loro ultima Premier è stata, infatti, l'incapacità di vincere gare dominate. Incapacità dettata da (inaspettate) difficoltà realizzative. Infatti, i "Red Devils", nonostante abbiano creato 447 palle goal (una in più del Chelsea campione d'Inghilterra), hanno realizzato appena 54 reti (contro le 85 della squadra di Antonio Conte). Un rapporto (im)pietoso che spiega i tanti/troppi pareggi ottenuti. 
Considerando il rapporto tra xG (cioè il numero di goal attesi, previsti in base alle potenziali occasioni da rete e alla qualità delle stesse) e goal effettivamente segnati, lo United è stata la 16a squadra della lega. Cioè, la quint'ultima...
La squadra di Mourinho, infatti, ha realizzato 5 goal in meno del previsto, mentre il Chelsea addirittura 22 in più, come mostra il grafico sottostante, basato sui dati STATS e apparso sul Telegraph.

CREDIT: STATS

Insomma, 'sti 85 milioni José potrebbe benedirli a maggio 2018, perché lo United potrebbe aver preso il bomber di razza in grado di capitalizzare al meglio i tanti palloni pericolosi che i suoi compagni sapranno senz'altro fornirgli.


#DAM